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Shortly about us

Martiria is an epic/doom metal rock band formed back in the '80s and re-founded (after a long pause) in 2002. Seven album published (last one R-Evolution, with ex Black Sabbath Vinny Appice - 2014).

The band was formed back in the '80s. At the beginning the band was very much oriented towards Doom/Metal sounds such as: early Candlemass and Black Sabbath. After releasing just a few demos and featuring various musicians, in 1998 the members of the group decide to take a break for a while in order to experience different projects. (continue)

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Reviews & Interviews
Reviews / Interviews

Album: The Age of the Return ( 2005 )

REVIEW

Date: June '09
Author: Gabriele Nunziante
Vote: 85%
Language: Italian
Website: http://www.italianmetal.it
Direct link: click here

Fate vostro questo album e datevi il giusto tempo per assimilarlo: ne rimarrete piacevolmente impressionati.

A distanza di un anno dal precedente 'The Eternal Soul', primo full-length dei Martiria dopo una serie di demo che partono dalla fine degli anni '80, nel 2005 il gruppo del chitarrista Andy Menario arriva al secondo album: 'The Age of the Return'. Pubblicato dalla nostrana Underground Symphony, questo lunghissimo album di dodici tracce si presenta come il primo (e per ora unico) concept album del gruppo romano: il tema portante è la religione e in particolar modo la Bibbia, rivisitata in questo full-length nelle sue vicende più note. La proposta musicale dei Martiria non cambia certamente rispetto al precedente album: l'epic dalle forti ricerche stilistiche, piuttosto che nella potenza sonora, va a comporre uno degli album più riusciti del gruppo. Al fianco di Andy Menario troviamo alla voce l'ex-Warlord Rick Anderson, Derek Maniscalco al basso e Maurizio Capitini alla batteria, i quali ci regalano un'ottima ora di epic metal di classe.

La pioggia battente e il rintocco di sacre campane di "Last Chance" ci introduce a questo 'The Age of the Return': cori sacri e chitarre classiche si mescolano fra loro, fino a raggiungere la prima vera canzone dell'album, "A Cry in the Desert". Canzone abbastanza tirata, quasi di Adramelchiana memoria, in cui i nostri si avventurano in melodie fra il sacro e il profano: Rick Anderson si assesta su melodie quasi gregoriane, mettendo a dura prova la sua voce, ma riuscendo comunque nell'intento, mentre la solida base musicale a cura di Andy Menario e del duo Capitini/Maniscalco completa il quadro ottimamente. Questi sono musicisti di razza se non si era ancora capito, e questo brano è solo il primo di dodici. Quasi riprendendo le melodie precedenti, l'ottimo intro di chitarra di "Misunderstandings" ci accompagna davanti a Ponzio Pilato e alla scelta che i sacerdoti di Gerusalemme gli pongono riguardo la crocefissione di Gesù. Fra cori più o meno riusciti, e l'interpretazione sempre ottima di Menario alle chitarre, anche questo brano si pone sui livelli del precedente. "The Giant and the Shepherd" presenta una prima parte molto suggestiva fra arpeggiati e flauti, a cui va a congiungersi una seconda più dura e serrata, con i nostri che si assestano sulle classiche sonorità alla Martiria. Discreta cavalcata quella che questi ultimi ci presentano con "Exodus": diversi ottimi spunti per Menario, così come per Anderson, il quale si lancia in alcuni versi con ottime linee melodiche. Con "Regrets" i nostri toccano, sia dal punto di vista del testo (il tradimento di Giuda per trenta monete), sia da quello musicale, uno degli apici massimi del disco: la voce ottimamente si sposa con le raffinate chitarre e il sottofondo di tastiere. Si continua con "The Cross", in cui le ultime parole di Gesù vengono innalzate da un Anderson forse non troppo ispirato, ma che comunque si riprende man mano con il proseguire, consegnandoci una delle migliori canzoni del lotto, una delle poche con abbastanza mordente da rimanere impresse fin da subito: splendida la parte centrale, con le sue melodie e i contrappunti a cura della moglie di Anderson, Barbara Pride. Con il suo bridge inconfondibile arriva anche l'ottava traccia, "So Far Away", brano che proprio grazie alle linee melodiche a cura di Menario rimane sugli ottimi livelli delle due precedenti. Seguono "Hell is not Burning", canzone a tratti piuttosto ripetitiva ma con alcuni spunti ben elaborati, e "Memories of a Paradise Lost", meditativa ed eterea. Vanno a chiudere il disco "Revenge", altra ottima prova per il gruppo, qui alle prese con un brano mediamente più veloce rispetto agli altri presentati, e la title-track "The Age of the Return", in cui i nostri sfoderano le ultime forse per presentarci un altro brano degno del nome Martiria.

Tirare le somme di questo album è difficile almeno quanto pensare di descriverne le tracce: 'The Age of the Return', così come gli altri lavori dei Martiria, andrebbe ascoltato con attenzione più e più volte per poterne comprendere appieno lo spirito e gli obiettivi. Se quindi quello che cercate in un album è l'immediatezza, o anche la potenza sonora, lasciate da subito perdere questo prodotto. Se invece avete voglia di scoprire il lato più affascinante dell'epic, i Martiria e questo loro album sono il passo fondamentale: traccia dopo traccia il gruppo di Andy Menario ci guida in una serie di affreschi vividi almeno quanto quello riportato nella copertina dell'album stesso. Fate vostro questo album e datevi il giusto tempo per assimilarlo: ne rimarrete piacevolmente impressionati.

© Gabriele Nunziante

 

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