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Martiria is an epic/doom metal rock band formed back in the '80s and re-founded (after a long pause) in 2002. Seven album published (last one R-Evolution, with ex Black Sabbath Vinny Appice - 2014).

The band was formed back in the '80s. At the beginning the band was very much oriented towards Doom/Metal sounds such as: early Candlemass and Black Sabbath. After releasing just a few demos and featuring various musicians, in 1998 the members of the group decide to take a break for a while in order to experience different projects. (continue)

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Reviews / Interviews

Album: On the way back ( 2011 )

REVIEW

Date: December '11
Author: Francesco Faniello
Vote: 90%
Language: Italian
Website: http://www.rawandwild.com
Direct link: click here

indiscusso è il contributo fornito dai visionari testi a opera di Marco Roberto Capelli, novello Peter Sinfield del doom

Ebbene sì, non è un mistero per nessuno. Appena ascolto una di quelle band che legge la Bibbia del doom con le lenti di Messiah Marcolin, siano esse tarate sulla gradazione dei Candlemass o dei Memento Mori, non posso fare a meno di commuovermi. Questo perché il doom è una fede, non un semplice genere modaiolo e passeggero, e forse è proprio per questo che è rimasto sempre confinato ad una cerchia relativamente piccola di adepti.
Ecco, i Martiria sono una di quelle band a cui una simile descrizione si adatta nel modo migliore. Nel loro caso, l’accostamento ai succitati maestri si accompagna alla forte presenza di elementi statunitensi in un sound doom ma con evidenti riferimenti all’epic e ai capostipiti Warlord. In quest’ottica, non è casuale la presenza dietro il microfono di Rick Anderson, meglio noto come Damien King III, ultimo singer del periodo classico dei Warlord prima della reunion con Joacim Cans, così come indiscusso è il contributo fornito dai visionari testi a opera di Marco Roberto Capelli, novello Peter Sinfield del doom e autore di vere e proprie gemme che aderiscono alla perfezione alle composizioni.
“On the way back” è il quarto album dei Martiria, e si apre in tipico stile Solitude Aeturnus con “Cantico”, un’introduzione che ci guida verso “Drought” in una vera e propria processione sonora, dalla quale emergono la maestosa linea vocale e gli efficaci break di chitarra acustica e tastiera.
Si prosegue con “Apocalypse” e il suo incipit dal sapore di una ballata medievale, con Anderson novello bardo e una serie di assoli taglienti e melodici nello stile di Bill Tsamis, dispensati a profusione per tutta la durata del disco con apice in “You brought me sorrow”, in cui l’efficace lead guitar è costruita su una base arpeggiata e ritmicamente ossessiva.
I Martiria proseguono il loro viaggio con il lamento straziato di “Song” e con “The Sower”, una traccia intrisa di atmosfere lugubri e settantiane, specie nel break centrale molto vicino alla tradizione progressive.
“Ashes to ashes” è di certo uno dei momenti migliori, con un inizio opprimente che non sfigurerebbe nella riproposizione musicale di un racconto di Lovecraft. I richiami al sound dei Trouble, un uso sapiente delle tastiere e la voce di Anderson che smussa le asperità per assumere connotati melodici vicini al miglior Glenn Hughes sono la ciliegina sulla torta di una song che rimarrà a lungo nella mia playlist.
Per le sue progressioni melodiche e le scelte chitarristiche, “Gilgamesh” si avvicina ai Manilla Road, ma è in “Twenty Eight Steps” e “The Slaughter” che la band rivela il suo potenziale aggiuntivo. Doom ben miscelato con la lezione hard-prog degli anni ’70, senza che per questo la band si perda in leziosismi e tronfie dimostrazioni della sua pur raffinata tecnica. A conclusione dell’opera, troviamo la title-track, un’intensa ballad chitarra e voce che ci guida tra decadenti nebbie sulle orme di Aschenbach. “On the way back”: l’ideale per le plumbee giornate di questo inverno…

© Francesco Faniello

 

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